Sony invita gli utenti a esplorare storie legate ai luoghi nel tempo, creando connessioni tra narrazione personale e collettiva.
Sony Pictures ha lanciato negli Stati Uniti una nuova campagna per il film “Here”, in uscita il 1° novembre, proponendo un’originale esperienza interattiva che va oltre la semplice visione. Il concept ruota attorno a un “punto” su una mappa che, anziché rappresentare solo un luogo, diventa il fulcro di storie nascoste da esplorare e condividere. In questo caso, il punto è una casa, protagonista silenziosa che nel tempo ha ospitato diverse generazioni. Gli utenti possono inserire un indirizzo su un apposito form, attivando così una mappa interattiva che, utilizzando Google Maps, permette di esplorare e ricreare storie personali o familiari legate a quel luogo, ampliando le connessioni con le proprie esperienze.
Il progetto si basa sull’omonima graphic novel di Richard McGuire e si sviluppa attraverso la regia di Robert Zemeckis e la partecipazione di Tom Hanks e Robin Wright. La narrazione si concentra sulle storie delle famiglie che si sono succedute in un immobile nel corso di secoli, con una scelta stilistica particolare: la telecamera resta sempre ferma in un unico punto, offrendo al pubblico la possibilità di vedere i cambiamenti nello stesso ambiente.
Questa iniziativa rientra in un trend aziendale che punta sul valore delle “living stories” o “storie viventi”, come emerge da uno studio dell’Università IULM e dell’agenzia BEA, secondo il quale le aziende riscoprono la potenza della narrazione. Il Presidente di BEA, Marco Bardazzi, sottolinea l’importanza dell’autenticità nelle storie aziendali, che nascono da valori forti e da una chiara identità, dando vita a una “grand narrative” in grado di supportare strategie di crescita e di rafforzare il business.
Oggi le aziende, secondo McKinsey, ottengono tassi di crescita maggiori adottando strategie di contenuti basate sui dati. Per esempio, più del 50% dei brand ha ora proprie content factory, con l’obiettivo di gestire il ciclo dei contenuti dalla produzione alla distribuzione, analizzando preferenze e risposte del pubblico per ottimizzare l’engagement.
Infine, emerge il cosiddetto “effetto Netflix” della narrazione corporate, come spiega Salvatore Ippolito, CEO di BEA: le aziende adottano un approccio simile a quello delle serie TV, creando storie episodiche e coerenti con la propria strategia di comunicazione, distribuendole su canali e formati diversi e adattandole ai vari target per un impatto maggiore e più duraturo.