Giorgetti al G20: focus sull’Africa con il piano Mattei e sovranità fiscale sulla tassazione dei super-ricchi.
Il ministro Giancarlo Giorgetti, durante un’intervista all’ANSA al margine del G20 a Rio de Janeiro, ha sottolineato l’importanza del piano Mattei per l’Italia, che mira a concentrare gli sforzi strategici sull’Africa. Ha ribadito che, in collaborazione con la Banca Mondiale, l’Italia intende focalizzare lo sviluppo su alcuni Paesi africani, rispondendo così alle necessità globali. Giorgetti ha evidenziato la disponibilità della World Bank a concentrare gli interventi su tre o quattro Paesi specifici.
Per quanto riguarda la tassazione sui super-ricchi, Giorgetti ha espresso sostegno, ma ha sottolineato che la decisione su come e quando tassare deve rimanere nelle mani degli Stati nazionali, non potendo essere imposta né dal G20 né dall’ONU. Questo principio di sovranità fiscale è fondamentale per molti Paesi e non può essere derogato.
Giorgetti ha poi parlato della “global minimum tax” sui miliardari, indicando che prima di attuarla sarebbe necessario implementare la tassazione minima globale sulle grandi multinazionali. Tuttavia, ha riconosciuto che l’accordo multilaterale è bloccato da Paesi come India, Cina e Australia, il che impedisce agli Stati Uniti di dare il via libera. Senza la partecipazione di queste grandi economie, manca la base imponibile necessaria.
Il ministro ha affrontato anche il delicato tema degli extraprofitti derivanti dagli asset russi immobilizzati. Ha avvertito che si tratta di un campo scivoloso, sia dal punto di vista legale che reputazionale. Anche se c’è consenso politico sull’argomento, è necessario procedere con cautela.
Giorgetti ha menzionato che una soluzione a livello europeo è vicina, con due opzioni sul tavolo. La presidenza italiana del G7 ha fatto progressi, ma ora bisogna capire se l’Europa riuscirà a muoversi con unanimità per modificare la regolamentazione e rendere il sistema perpetuo o definito fino alla fine della guerra. Altrimenti, ci si dovrà accontentare di continui rinnovi periodici delle sanzioni, che però non soddisfano completamente gli Stati Uniti poiché non offrono la garanzia definitiva richiesta dal Congresso.
Molto dipenderà dall’atteggiamento dell’Ungheria nei prossimi mesi, e sarà cruciale definire il quadro prima delle elezioni americane.